Giovedì, 25 Ottobre 2018 21:33

I miei primi 25 anni in CRIBru

 

Quando arrivo in sede Luca è lì che mi aspetta, indossa ancora il giubbotto ma sta chiacchierando con tutti. Fa parte del comitato da ben 24 anni, lo ha visto crescere, cambiare e ingrandirsi, accogliere nuovi volti e lasciarne indietro degli altri. Sarà per questo che sembra emozionato, avrebbe tante cose da dire ma non è in grado di sceglierne alcune, di selezionare nell’album dei ricordi alcuni momenti che valgano più di altri: meritano tutti di essere condivisi, hanno tutti un valore inesprimibile a parole.

«In Croce Rossa ho vissuto tutte le età della vita, da ragazzo single a padre di famiglia: la cosa meravigliosa è che in qualsiasi momento della nostra storia possiamo entrare a far parte di questo mondo e vivere un’esperienza che ci accomuna in quanto incredibile, ma che resta diversa per ognuno di noi».

Un’avventura in un mondo che differisce non solo per come lo si vive, ma anche per le ragioni che portano ogni volontario a intraprendere un percorso più o meno lungo e complesso pur di entrare a farne parte.

Ma quali sono queste motivazioni? È la domanda più gettonata che i volontari si sentono rivolgere, e che rivolgo anche a Luca.

«Quando sono entrato in Croce Rossa ero giovane, e l’ho fatto per puro senso di avventura: l’idea di viaggiare su un’ambulanza, di far parte di un equipaggio preparato, di andare in soccorso sulle emergenze, di sentire sopra di me il suono della sirena. Poi, scoprendo questo nuovo mondo che aveva le sue radici fuori dalla porta della mia casa, lontano dalle mie abitudini e da tutto ciò che conoscevo, le mie motivazioni iniziali sono state sostituite da altre ben più importanti. Venendo a contatto con molte persone sfortunate ho avuto modo di prendere coscienza della mia condizione privilegiata, di persona che non aveva mai, fortunatamente, vissuto gravi difficoltà: insomma, fortunato io, sfortunati gli altri, mi sono reso conto che, nel mio piccolo, aiutarli mi faceva stare bene».

Un pensiero che lo fa sorridere, mentre racconta: «Ciò che trovo fondamentale, e che ha contribuito a farmi proseguire il percorso fino a oggi è che, sebbene dal 1994 ci siano stati alti e bassi, e nonostante abbia vissuto sia problemi personali che relativi al mio far parte di Croce Rossa, il legame con la mia squadra mi ha sempre fatto sentire parte di qualcosa di molto grande. Quando si fa qualcosa lo si fa insieme, come in una grande famiglia. Ancora oggi – si emoziona raccontandolo – questa forza che mi viene trasmessa dai miei colleghi mi permette di fare i turni notturni nonostante il giorno dopo sia stanco e debba lavorare».

Nel suo racconto di cos’è Croce Rossa non manca un po’ di nostalgia per gli inizi, per tutte le “prime volte”, che rivivrebbe volentieri: «A volte mi verrebbe addirittura voglia di riscrivermi al corso per vivere da capo le esperienze, per sperimentare nuovamente l’entusiasmo degli inizi. Guardo i nuovi volontari e invidio loro l’emozione dei primi contatti con questo mondo: spesso cerco di assorbire il loro entusiasmo e di addizionarlo al mio, sto loro vicino per assimilarne più che posso, perché la passione per quello che si fa è ciò che aiuta ad andare avanti anche nei momenti in cui la vita sembra mettere i bastoni tra le ruote».

E il Luca di oggi, 24 anni dopo quell’importante giorno del 1994, come si sente?

«Fare da così tanti anni parte di questo comitato e averne vissuto l’evoluzione mi fa sentire parte della sua crescita: sono migliorato con lui, sia come volontario che come persona, perché mi ha dato la possibilità di stringere legami così forti che vanno al di là del turno, che coinvolgono la mia quotidianità ben oltre le porte della sede. Ho svolto diversi ruoli in questo comitato, ma l’esperienza di caposquadra è stata quella che ancora adesso ritengo mi abbia maggiormente aiutato e in cui ho dato il meglio di me, perché le persone con cui ho avuto a che fare hanno sempre reso i miei turni un piacere. Non riesco a vivere senza gli altri: senza condividere sono felice a metà».

Se c’è un’altra domanda che i volontari sono soliti sentirsi rivolgere, è quella che riguarda la loro “esperienza del cuore”, il servizio più emozionante che abbiano vissuto. La risposta di Luca è straordinaria: «Nel mio cuore porto sempre l’ultimo servizio che ho svolto. Anche avendo vissuto tante esperienze nel passato, io guardo sempre avanti: mi piace ricordare l’ultima cosa che ho fatto sperando di averla fatta nel miglior modo possibile. L’esperienza che più mi emoziona è quella che ancora devo vivere».